di Andrea Salvatore Alcamisi
Secondo Lucien Febvre, l'Europa, come concetto storico e geografico, poté sorgere soltanto quando crollò l'Impero Romano e di conseguenza l'elemento culturale nordico, e cioè la conservazione della cultura latina e il rafforzamento della Chiesa Romana, prevalse sull'elemento mediterraneo che assommava, invece, un mix esplosivo di frammentazione politica e culturale.
Pensiamo, ad esempio, al pensiero greco orientale, all'ortodossia bizantina e alla rivoluzione teosofica islamica.
Ebbene, quando l'Europa tardoantica e altomedievale poté fare a meno della Grecia, del Maghreb e del Medio-Oriente, un tempo legati politicamente dall'istituto imperiale romano e ora insofferenti al rigore papale e al centralismo carolingio, nacque l'idea moderna di Europa e sorsero le prime grandi monarchie nazionali.
Io ritengo che, invece, l'Europa attuale debba riappropriarsi della mediterraneità e non soltanto per una implicazione geopolitica.
Per la cultura classica il Mar Mediterraneo fu percepito come una sorta di grande autostrada in grado di collegare i centri di irradiazione politica e culturale - prima Atene, poi Alessandria, poi Roma, infine Costantinopoli e la Palestina Romana - con le periferie. Non mancarono, certo, violenze, soprusi, conquiste; tuttavia, nelle more di un potere politico che distruggeva ed imponeva la sua struttura di comando, la stessa cultura, che in un primo tempo aveva alimentato la macchina di violenza, ebbe il tempo di partorire i primi rudimentali mezzi di opposizione al terrore, all'autoritarismo e al fanatismo: nacquero così la filosofia, la storiografia, l'oratoria. E tutte le civiltà del Mediterraneo, e dico tutte, dal Maghreb ai Balcani, conobbero, grazie alla sua immensa distesa marina, tali mezzi e li praticarono con grande sensibilità.
L'espulsione dell'elemento mediterraneo, tra l'età tardoantica e altomedievale, ha reso, invece, l'Europa più fragile e, soprattutto, incompleta. Per tale motivo non mi convince la tesi di Febvre.
Guardiamo, oggi, al nostro Est, divorato da atavici conflitti, e, poi, al nostro Sud, ancora pensato mediante una lente colonialista. Siamo ancora convinti di liquidare il Mediterraneo come un concetto meramente storico che ha fatto il suo tempo e che, dunque, sia lasciato alla mercé di logiche predatorie, dove prevalga sempre e comunque la legge del più forte?